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Doganieri Miyakazi a Castglione in Teverina: che scoperta!

Doganieri Miyazaki: un vino, una storia

Con la sua grande varietà di territori e paesaggi il Lazio è una regione che riserva spesso piacevoli sorprese, sia per chi si avvicina al mondo del vino che per i palati più esperti. Se il vino dei Castelli è celebrato nelle canzoni popolari, e a nord di Roma la storia ha trasmesso l’entusiasmo per Montefiascone e il suo Est Est Est, basta spostarsi di qualche chilometro per trovare altre realtà produttive di assoluta eccellenza, progetti che nascono da storie personali e famigliari, valori e sentimenti che rendono i loro vini unici e irripetibili. Doganieri Miyazaki è una di queste. Siamo a Castiglione in Teverina, un territorio antico ai confini con l’Umbria, in cui hanno abitato Villanoviani ed Etruschi, caratterizzato da un andamento collinoso a volte dolce e altre interrotto da calanchi ripidi e scoscesi. Il sottosuolo nasconde un passato marino e vulcanico, che si rivela nelle sabbie, nei minerali e nelle formazioni tufacee, che lo rendono così amico della vite. Piantate lungo i versanti superiori e le sommità delle colline, le viti in questa zona godono di un clima particolare, curiosamente più dolce e temperato rispetto alla pianura, per l’effetto mitigatore del vicino lago di Bolsena e del fiume Tevere. Proprio su una di queste colline, nella frazione di Valiano, Maurizio Doganieri e sua moglie, Madoka Miyazaki, hanno fondato l’azienda vitivinicola che porta il loro nome, come naturale esito di una lunga esperienza nella conduzione di vigneti per aziende note e premiate. Maurizio, che è agronomo ed enologo, la sua vocazione l’ha scoperta presto, a 14 anni sperimentando con il vino di famiglia. Ha affinato la conoscenza delle pratiche di cantina e della viticoltura nei lunghi anni trascorsi in Toscana, dove ha conosciuto Madoka. Tirata su con il lavoro quotidiano, di maurizio sui campi e in cantina, e di Madoka negli aspetti più commerciali e creativi (è lei che disegna le etichette), oggi Doganieri Miyazaki coltiva a vite un ettaro e mezzo e produce circa 10mila bottiglie all’anno, cifra che può variare anche di molto in relazione all’andamento delle stagioni. Pratica quella che ha definito una “agricoltura coscienziosa”, senza forzature: i terreni sono dissodati solo in superficie e inerbiti per la maggior parte dell’anno. “L’erba si taglia quando servono più sostanze nutritive alla vite”, ci spiega: trinciata e lasciata sul terreno farà da pacciamatura e fertilizzante naturale. In quell’ettaro e mezzo Maurizio ha una notevole varietà di uve, a bacca bianca e rossa, sia tradizionali che internazionali, dal Syrah al vermentino, dal Montepulciano al Petit Manseng, dal Viognier al Petit Verdot. La sua è quella che viene normalmente definita una piccola produzione artigianale, di ciascuna etichetta, nove in tutto, raramente produce più di 2mila bottiglie. Segue personalmente tutte le fasi della produzione, dalla coltivazione alla vinificazione, che avviene internamente, e al successivo affinamento: in acciaio o in tonneau di rovere, nuovi e usati, a seconda del vino che vuole ottenere. Perché nulla è lasciato al caso. Ogni bottiglia è un progetto, un desiderio, un’idea. Di qualcosa da esprimere o di un pubblico da coccolare, tutto nel rispetto dell’identità del territorio e delle sue uve.

Airi, la gioventù

In un’ideale percorso degustazione, partiamo dal vino ‘giovane’, pronto, da bere senza dover attendere lunghi affinamenti. E’ il vermentino Airi, chiamato con il nome della figlia di Maurizio e Madoka, un nome che in giapponese significa Pero grazioso, e che esprime freschezza e gioia. Ed è effettivamente quello che il vino racconta nel calice: l’annata 2024 si apre con note fiorite e delicatamente agrumate, sentori minerali e un lieve fumé di sottofondo. Un sorso fresco e piacevolmente salino avvolge il palato, tornano gli agrumi e indugiano a lungo, per una beva snella e molto gratificante. Perfetto per aperitivi, crudi di pesce, latticini, primi con frutti di mare. Costa in enoteca circa 14 €.

Fixus, l’intensità

Forse uno dei bianchi più noti e apprezzati dell’azienda, Fixus nasce da uve Viognier, un semiaromatico di origine francese, che in diverse regioni italiane ha trovato nel tempo un ambiente particolarmente adatto. Nel Lazio è presente sia a nord che a sud della capitale, e nei suoi di origine vulcanica e climi temperati raggiunge notevoli intensità sia all’olfatto che al palato. Per ottenere Fixus, Maurizio fa due vendemmie, a distanza di pochi giorni: la prima per favorire l’acidità, la seconda per avere acini più zuccherini. Questo mantiene un equilibrio ottimale tra la gradazione alcolica e l’intensità aromatica. Che arriva subito, appena versato: profumi più caldi ed esotici, dalla pesca gialla al mango, con un sottofondo balsamico e mentolato che si fa sentire soprattutto dopo qualche minuto che il vino sosta nel calice. La bocca è più strutturata rispetto al precedente, più avvolgente e intensa, ma ugualmente sapida. Sarà una costante che tornerà in tutte le referenze assaggiate. Fixus è la bottiglia per l’impepata di cozze, il taleggio, il radicchio alla piastra, la tiella con la scarola, il saltimbocca, e costa circa 17 €.

U, l’imprevedibile

Passiamo al rosato di casa Doganieri Miyazaki, che è l’incarnazione dell’approccio sperimentale di Maurizio. Nel senso che non ha ancora deciso con quale dei suoi vari vitigni produrlo. Fino all’anno scorso era un blend di varie uve rosse, che nel 2024 diventano solo due: Syrah 80% e Cesanese 20%. L’esito è piacevole, di beva molto trasversale, con le note di fragolina di bosco, di ciliegia, di roselline che tornano anche al palato. Costa circa 15 €. Per la 2025, invece, l’esperimento prevede Montepulciano e Petit Verdot e l’esito è già più interessante: ci sono le bacche di bosco ma ricordano il lampone e la mora, mentre il fiore vira verso la violetta, e resta quella bella coerenza e pulizia che abbiamo già riscontrato negli assaggi precedenti. Non è ancora uscita in commercio, ma la aspettiamo con trepidazione.

Kare, il sofisticato

Ispirato dall’amore per la Borgogna, Kare nasce dalla voglia di creare un etichetta a base Chardonnay in grado di invecchiare e restituire l’ampiezza e l’eleganza del suo parente francese. Vedremo con l’annata 2025, che è Chardonnay in purezza, come andrà, per ora è in affinamento nei tonneau di rovere. Intanto però assaggiamo la 2023, forte dei suoi 8 mesi di affinamento nel legno e del riposo in bottiglia fino alla messa in commercio. Qui abbiamo anche una percentuale di Viognier (le viti di Chardonnay ancora non erano tutte produttive), che spinge sull’aromaticità. Al naso arrivano note di frutta dolce, di banana, di ananas, e sentori smaltati, di pasta frolla, marzapane, confetto di mandorla. Il sorso, in sottofondo, rivela una bella freschezza di beva, con accenni di menta ed eucalipto. E’ un vino importante, da abbinare a piatti con una certa struttura e succulenza, come ragu bianchi, primi con besciamella, casseruole, cacciatora. E’ prodotto in sole 500 bottiglie e costa 35 €.

Dai Dai, l’esperimento

Tra le uve del suo vigneto, Maurizio ha scelto il Petit Manseng per il suo bianco macerato. Non propriamente un orange, per il particolare processo che lo caratterizza. Normalmente, in un vino macerato, il mosto resta sulle proprie bucce: non è questo il caso. Il Petit Manseng viene pigiato, e le bucce separate. A fermentazione avvenuta, riposa sulle bucce del vermentino, tolte al mosto in fermentazione di Airi. Questo per preservare la pulizia del mosto al massimo ed evitare estrazioni troppo spinte. Gli esiti sono veramente interessanti, il vino è di un bell’oro caldo, e di grande eleganza sia al naso che al palato. Gioca su note della pera cotta, della frutta secca, della frutta candita, del dattero e della mandorla dolce, che tornano al sorso con grande equilibrio e piacevolezza di beva. Si abbina bene con formaggi grassi, per una bella acidità (presente ma per nulla invadente), ma è una bella bevuta anche da solo. Costa circa19 €.

Poggio Eremo, l’identitario

Prende il nome dal racconto popolare secondo cui da qualche parte nei terreni dell’azienda ci fosse il ritiro di un’eremita, ed è prodotto con uve Cabernet Sauvignon, Sangiovese ed Alicante il primo dei rossi aziendali: Poggio Eremo. Affina in legno, per domare i tannini e restituire una morbidezza che ricorda quella Toscana in cui Maurizio ha trascorso tanti anni. In attesa che diventi Sangiovese in purezza, il blend che compone l’annata 2023 dà esiti piacevolmente fruttati, di amarena, bacche di bosco, e fioriti di rose e viole, mentre al palato si aggiunge una delicata sfumatura pepata, più scura, pur restando una generale sensazione di freschezza alla fine del sorso. Chiama la cucina di campagna, i salumi artigianali, i formaggi pecorini, umidi di verdure e di carne a cotture non troppo lunghe. Costa 15 €

Confiè, il maggiore

Top di gamma per Doganieri Miyazaki, Confiè, è la referenza che al momento incarna l’ideale di Maurizio, di fare vini di lunga vita. Da uve Petit Verdot e Montepulciano si presenta subito con un passo più cadenzato e importante. Dopo una lunga sosta in tonneau riposa in bottiglia per almeno due anni, tanto che l’annata in commercio è attualmente la 2020. Già dal colore, impenetrabile, quasi denso, si intuisce che siamo davanti a un vino di struttura. E così è, e trapela dalla trama di frutti rossi, pout pourri e speziature, note di liquerizia e di tabacco che intessono sia il naso che il sorso. Il Montepulciano resta ancora un po’ sullo sfondo, con le tipiche note di polvere da sparo e di cenere di camino che ancora risentono della potenza del frutto. Il legno è presente, i tannini sono ben ammorbiditi, il sorso è morbido e lascia, oltre alle sensazioni di vaniglia, anche una piacevole freschezza balsamica. Chiama cacciagione, formaggi stagionati, brasati e brace. Costa circa 25 €.

Ame, dulcis in fundo

Finiamo la carrellata con una vendemmia tardiva di Petit Manseng, raccolto in un momento particolare del cielo (Ame è cielo in giapponese), quando gli acini sono pieni di sole, e in parte attaccati dalla muffa nobile, la botritis cynerea. Si esprime con un naso ricco e intenso di albicocca secca, cedro candito, marzapane e torrone alle mandorle, ma al sorso si rivela assai meno dolce di quanto ci si aspetterebbe. Torna quella nota sapida e mentolata che abbiamo visto praticamente in tutti i vini Doganieri Miyazaki, mentre la frutta appassita lascia il posto a note piu delicate di cachi e mela disidratata. Beva piacevolissima, che si conquista a circa ???

Non solo vino: Podere San Giulio

Siamo nell’alto Lazio, ai confini con l’Umbria, non poteva mancare l’olio extravergine. Podere San Giulio è il blend selezionato di quattro cultivar tipiche, Frantoio, Leccino, Moraiolo e Leccio del Corno. Un gradevole fruttato medio, dal gusto delicato, amaro accennato e un bel piccante che arriva in seguito. Perfetto per crudi, vegetali, zuppe e minestre. Fantastico sulla bruschetta.

Doganieri Miyazaki è un’azienda dall’anima viva, che cerca i risultati ma non si accontenta. Maurizio è uno sperimentatore instancabile, capace di evolvere insieme ai suoi vini, e riservare ad ogni visita nuove sorprese

Doganieri Miyazaki
Frazione Vaiano n3, Castiglione in Teverina, Italy, 01024
Cellulare 333 280 7985
E-mail doganierimiyazaki@gmail.com
Instagram doganierimiyazaki